Si è svolta ieri 6 febbraio 2016 la nell’Auditorium della Scuola Secondaria di Primo Grado “G. Bonifacio” – I.C.ROVIGO 1 –  la conferenza dedicata al Giorno del Ricordo per conservare e rinnovare la memoria delle diverse migliaia di vittime giuliano dalmate delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di circa 350.000 istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale, così come voluto dalla legge 30 marzo 2004 n. 92 che istituisce la giornata stessa.

L’iniziativa, promossa dalla dirigenza scolastica è stata coordinata dal prof. Daniele Milan, ospite e relatore per l’occasione Flavio Rabar, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (A.N.V.G.D.)- Comitato di Ferrara.

Il prof. Milan ha presentato il significato gli obiettivi educativi che si intendono promuovere con l’iniziativa rivolta agli alunni delle classi terze.

Si è parlato di foibe e del significato che la parola ha assunto a seguito dei tristi episodi di violenza perpetrata dai partigiani slavo-titini nei confronti di una popolazione locale inerme e colpevole del solo fatto di essere “italiana”.

Gli italiani, da sempre presenti in quelle terre, sono diventati scomoda alle nuove mire espansioniste dei nuovi occupatori.

Flavio Rabar è esule di Fiume ed ha voluto portare l’esperienza sua e della sua famiglia

…“I miei genitori abitavano a Fiume, nel rione Cantrida in Viale Italia n. 19. Mio padre Eugenio nacque a S.Polten, in Austria, nel 1917, dove i suoi genitori si erano trasferiti durante la prima guerra mondiale. Mia madre Stranich Irene nacque a Pola nel 1918; la sua famiglia si trasferì a Fiume quando era bambina. Personalmente, essendo nato il 29 gennaio 1943, non posseggo ricordi di quel periodo. La mia famiglia lasciò Fiume nel febbraio 1947, seguita, alcuni anni dopo, dai nonni materni. Il fratello di mio padre, Ludovico, ed i nonni paterni rimasero a Fiume; un esempio, non unico, di come molte famiglie si divisero. La mia famiglia partì da Fiume tramite la ferrovia, con tratte di viaggio anche in carri bestiame.”…

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Ed ancora, la difficolta a ricordare ed a raccontare…

Molti esuli non volevano ricordare quanto patito nel lasciare le loro terre per non rivivere momenti estremamente dolorosi ed, a volte, drammatici. La mia famiglia era presa dai problemi quotidiani: il mettere assieme il pranzo con la cena, l’insistente ricerca di un lavoro; qualsiasi lavoro. Io e mia sorella eravamo dei bambini ed i genitori ritenevano inutile il raccontare a noi le loro sofferenze e la loro grande nostalgia per i luoghi e la vita di un tempo. Successivamente, quando siamo diventati più grandi, hanno raccontato alcuni aspetti e fatti sia della vita a Fiume sia delle sofferte vicende successive. Sono a conoscenza del fatto che altre persone non ne hanno mai voluto parlare; ed anche con il trascorrere del tempo e del mutare delle condizioni politiche non hanno mai voluto non solo parlarne ma, anche, ritornare dove erano nati. Naturalmente sono posizioni da comprendere, ma è un peccato non abbiano mai voluto far conoscere a fondo gli avvenimenti che li hanno interessati, utili non solo a familiari ed amici ma, più in generale, a storici e giornalisti per diffondere la dura realtà che una parte del popolo italiano ha dovuto affrontare.”

 

Finalmente a Ferrara… ma  a che condizioni…

La mia famiglia, nel 1947, venne destinata al Campo Profughi di Ferrara, uno dei 109 presenti in Italia. Si era ospitati in un edificio appartenuto a una nobile famiglia ferrarese e, poi, adibito a sede dell’istituto Magistrale. In un’aula trovavano rifugio due, tre, quattro famiglie; dipendeva dall’ampiezza del locale e del numero dei componenti dei nuclei familiari. Questi erano divisi da coperte stese verticalmente su fil di ferro; non vi era, ovviamente, alcuna riservatezza. Oltre ai servizi da effettuare al campo profughi vi era la ricerca di una qualche attività lavorativa per riuscire a migliorare le proprie condizioni. Il 14 agosto 1947 nacque, presso il locale ospedale, mia sorella Neda e, naturalmente, era la principale  preoccupazione dei genitori. Nell’agosto del 1949 il campo profughi venne chiuso e la mia famiglia venne mandata a vivere in una baracca di legno, in località Pontelagoscuro, vicino al fiume Po. Vi erano nove baracche, ciascuna con sei famiglie, divise in piccoli appartamentini. Eravamo in compagnia di famiglie ferraresi del luogo che avevano perso la casa per i bombardamenti aerei. Avevano raso al suolo tutte le abitazione nelle due sponde del Po. In tali condizioni  rimanemmo sette anni. L’accoglienza nei vari luoghi fu, da principio, improntata a diffidenza; ma questa scomparve con il passar del tempo e si instaurarono anche solide amicizie.”

Nel corso della mattinata sono stati proiettati dei documentari storici realizzati dall’Istituto Lucesulla triste partenza degli esuli da Pola dove, grazie alla presenza dei militari americani, tutto si è potuto svolgere ordinatamente.

Altro importante documentario “La foiba di Basovizza – Le vie della memoria” –

Un percorso tra le violenze del Novecento nella Provincia di Trieste realizzato dall’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia – Provincia di Trieste.

Nel filmato l’intervento degli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali, tra i massimi esperti delle tematiche legate al confine orientale .

Qualche alunno, al termine della mattinata, si è fermato con il Sig. Flavio Rabar per qualche domanda e curiosità, al termine dei quali gli alunni hanno ringraziato con un meritato applauso il gradito ospite.

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a cura di prof. Daniele Milan